La terapia delle febbri

06-09-2014

Uno dei sintomi con cui frequentemente ci si imbatte nelle Materie Mediche è quello di “Internal Chill”.

Con questo termine si vuole indicare una particolare condizione fisiopatologica che possiamo schematizzare nel modo seguente

  1. Sente FREDDO (Shuddering, chillness), vuole stare coperto e nonostante ciò il freddo non cede
  2. Contrazioni muscolari (trembling, shaking rigor, teeth chatter) + Gooseflesh (pelle d’oca)
  3. Freddezza Oggettiva (coldness or icy-cold body or feet and hands)
  4. Pallore, labbra e unghie blu
  5. Pelle Secca
  6. Assenza di Sete (bere acqua scatena il brivido)
  7. Oppressione toracica (adrenalina/TSH) con
  8. Difficoltà nel respiro
  9. Diminuzione diuresi

Tale condizione risulta dalla massima esaltazione dei processi termogenetici congiuntamente alla massima inibizione dei processi termodispersivi. Ho usato un certo simbolismo per raffigurare tale condizione fisiopatologica: 2 cerchi di cui uno, il più piccolo, all’interno del più grande. Il cerchio più piccolo rappresenta la parte più interna dell’organismo -organi splancnici e SNC- mentre il cerchio più grande rappresenta la parte più esterna dell’organismo -cute, viso ed arti-. Durante il processo febbrile viene modificato in rialzo l’ingresso di comando dei meccanismi omeostatici deputati al controllo della temperatura corporea. Una tale modificazione in rialzo comporterà, ad esempio, una variazione da un ingresso di comando di 37°C ad un ingresso di comando di 40°C. Con tale nuovo parametro di riferimento tutti i processi termogenetici e termodispersivi si orienteranno verso un innalzamento massimale della temperatura corporea, come evidenziati nell’elenco iniziale. Tale condizione gli Autori Omeopati del passato erano soliti indicarla con il termine di “Internal Chill” ovvero “Freddo Interno”. È un termine che, originando dallo specifico paradigma della Medicina Omeopatica Classica dove l’osservazione del malato è preminente sull’esplicazione dei sintomi, mette in evidenza proprio la condizione del malato affetto da Febbre, almeno nelle sue fasi iniziali: una sensazione di freddo imponente difficilmente governabile con il riscaldamento esterno: è come se tale freddo originasse dall’interno e non potesse essere raggiunto ed attenuato dal calore esterno. In effetti, alla luce delle attuali conoscenze fisiopatologiche, sappiamo che tale condizione prende origine dalla parte più interna dell’organismo -SNC, ipotalamo postrero-laterale, ergotropo di Hess- nel senso che è tale zona a controllare l’intero organismo per il raggiungimento di una certa temperatura. Se tale temperatura non viene raggiunta i processi termogenetici saranno ben evidenti anche a fronte di riscaldamento esterno. I processi termogenetici -secondo il nuovo ingresso di comando- verranno stimolati fino al raggiungimento di un nuovo pattern calorico e durante tale processo fisiopatologico avverranno delle modificazioni nelle condizioni generali del malato percepibili come stati sintomatologici differenti. In tal modo e successivamente, la fase indicata indicata con il termine “Internal Chill” si modifica per il fatto che il paziente inizia a manifestare un aumento della temperatura corporea.

Tale condizione, indicata con colori diversi e con la stessa simbologia già descritta, evolve fino ad una condizione di stazionarietà della temperatura: tale stato fisiopatologico rappresenta il culmine dei processi termogenetici ed è indicato con il centro blu e la periferia di colore rosso.

Rispetto ai sintomi elencati all’inizio vi è aumento della temperatura corporea (fase del calore della febbre). Inoltre, si manifesta la tendenza a scoprirsi (il malato si scopre ma poi si ricopre subito) perché non si riesce a mantenere in modo costante tale ultimo stadio, passando allo stato precedente. Tali passaggi rispondono più ad una esigenza razionale ed espositiva che ad un reale stato oggettivo-fenomenologico: il paziente, quindi, permane nello stato sopra esposto di “Internal Chill”, con la differenza che la temperatura corporea si innalza. Il simbolo che meglio indica tali stati dinamici si caratterizza per una serie di colori sfumati.

A questo punto bisogna dire che, come ogni cosa, esistono delle variazioni: la condizione di “Internal Chill” potrebbe presentarsi più blanda o più intensa. Nel primo caso la sensazione di freddo (punto 1) è meno intensa con la conseguenza che il paziente sente freddo ma raggiunge una certa quiete coprendosi cosa che viene a mancare scoprendosi nuovamente: il sintomo che prevale, quindi, è sensazione di freddo > coprendosi o sensazione di freddo < scoprendosi: Allo stesso modo, quando la temperatura si alza, il paziente più facilmente tende a scoprirsi fatto che lo fa stare meglio in quanto l’ingresso di comando codifica per un pattern febbrile meno intenso. Volendo meglio mettere in evidenza le due condizioni possiamo utilizzare lo schema seguente:

Volendo essere più precisi, si potrebbe dire che le due condizioni a lato esposte, volendo utilizzare concetti figurativi e simbolici, trovano la loro differenza nel fatto che l’ingresso di comando nello stato “Internal Chill” è più duraturo piuttosto che più intenso.

Nel caso, invece, in cui l’ingresso di comando sia effettivamente più intenso o più intenso e duraturo o più repentino si ha una condizione di “eccessivo riscaldamento interno” senza che i processi termogenerativi esterni vengano modificati in senso termodisperdente compensatorio.

La prima condizione potremmo definirla di “Calore Interno e Freddo Esterno”, la seconda di “Calore Interno ed Esterno”.